Il progetto Continugee, finanziato dal programma Erasmus+ KA2 (2020-2023), affronta il tema emergente dell'inserimento scolastico dei minori rifugiati, soffermandosi particolarmente sulla tematica della continuità del percorso scolastico e del potenziamento dell'azione degli insegnanti comparando le esperienze di Germania, Grecia e Italia. Per l’Italia il partner è l’Università di Urbino Carlo Bo, con un team coordinato da Eduardo Barberis e di cui fanno parte Gül Ince Beqo e Vittorio Sergi.
Secondo le rilevazioni dell’UNHCR e dello IOM nel 2021, gli arrivi di minori in fuga sono aumentati del 44% rispetto all’anno precedente, toccando la cifra di 24.147. Recentemente, in particolare in seguito all’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022, il numero di minori in fuga è aumentato ancora in modo significativo in alcuni paesi europei, tra cui l’Italia. Le esperienze delle scuole europee dimostrano che, in questo contesto, garantire un certo grado di continuità nel contenuto e nella forma dei servizi educativi forniti e facilitare l'integrazione scolastica dei rifugiati minori è una sfida.
I primi risultati di studio del progetto evidenziano che le pratiche educative in Italia, sebbene la legge abbia fissato degli obiettivi ambiziosi nella tutela del superiore interesse del minore, abbiano esiti non sempre coerenti e soddisfacenti. Mancanza di fondi, di personale e/o di competenze necessarie per far fronte alle esigenze specifiche dei minori rifugiati compromettono il loro positivo inserimento scolastico. Di fatto, nel sistema scolastico italiano la stessa categoria di “minore rifugiato” non è contemplata: o si parla genericamente di minori immigrati o di specifiche categorie, come i minori non accompagnati. Questa limitata attenzione per le specificità dei minori rifugiati può essere un problema, perché non permette di considerare le loro difficoltà specifiche.
Una delle barriere più importanti alla frequenza scolastica è l’impossibilità di produrre certificati scolastici nei paesi di origine per la valutazione dell'età, del grado scolastico e delle capacità di apprendimento e sociali dei minori.
Tra i minori rifugiati, il gruppo più attenzionato dalle politiche, uno fra i più fragili, è formato dai minori non accompagnati. In un’alta percentuale sono di sesso maschile (97,3% nel 2021 e 80,1% nel 2022) e molto spesso vicini al compimento della maggiore età. Questo particolare profilo incontra spesso grandi difficoltà nell'accesso all'istruzione. Non di rado le scuole secondarie superiori sono impreparate (o non disposte) ad accogliere studenti con scarsa conoscenza dell'italiano e con percorsi scolastici pregressi non certificabili in un'età vicina all'esame finale di maturità. Il sistema educativo basato su gruppi di classi della stessa età sembra piuttosto rigido e non facile da adattare alle esigenze di percorsi educativi individualizzati.
L'opzione principale che viene loro offerta è nell'ambito del cosiddetto CPIA (Centro Provinciale Istruzione Adulti), o della formazione professionale. Il risultato è che - contrariamente a quanto propone sulla carta il modello educativo inclusivo italiano - si creano classi a separate, con un effetto di segregazione educativa in gruppi di "soli rifugiati".
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